IL TRIBUNALE

      Ha  pronunziato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto
al  n. 878/1996  R.G.  tra Enel S.p.a. con gli avv. U. Monacciani, C.
Bosio e C. Bertolotto, ricorrente in riassunzione;
    Contro:
        Regione Liguria con l'avv. L. Cocchi;
        Mori Giancarlo con gli avv. P. Alberti e G. Russo;
    Premesso:
        1.  che  la  domanda  proposta  con  il ricorso al pretore di
Genova,  in  funzione  di  giudice  del  lavoro,  da  Mori Giancarlo,
dipendente  Enel  eletto  a  consigliere della Regione Liguria, ha ad
oggetto  la  condanna  delle  convenute  Enel  e  Regione  Liguria ad
eseguire   (previo  accertamento  del  diritto  del  ricorrente  alla
corresponsione  del  trattamento  di cui alla legge n. 1078/1966), le
prestazioni   di   rispettiva   competenza  ex  art. 3,  legge  cit.,
relativamente  a  periodo  anteriore alla trasformazione dell'Ente in
societa'  per  azioni  per  effetto del decreto-legge 11 luglio 1992,
n. 333,  convertito,  con  modificazioni,  in  legge  8  agosto 1992,
n. 359, prendendo a parametro lo stipendio dovuto al ricorrente dall'
Enel;
        2.  che  la  domanda  e' stata accolta dall'adito pretore con
sentenza  7  novembre  1991,  confermata  sul punto dal tribunale con
sentenza 25 novembre 1992 depositato l'8 marzo 1993;
        3.  che  con  sentenza  10  maggio 1995, n. 5083, la Corte di
cassazione,  decidendo  sui  ricorsi  presentati  da  tutte le parti,
cassava  la  sentenza  di  appello,  con rinvio a questo tribunale ed
enunziava  il  seguente  principio di diritto: "le disposizioni della
legge  12  dicembre  1966, n. 1078, sulla posizione e trattamento dei
dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, eletti a cariche presso
enti autonomi territoriali, non si applicano ai dipendenti degli enti
pubblici  che  svolgono  esclusivamente  o  prevalentemente attivita'
economica,  ivi  compreso  -  anche per il periodo anteriore alla sua
trasformazione  in  societa' per azioni, disposta in applicazione del
decreto-legge  11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni,
in  legge  8  agosto  1992,  n. 359,  l'Ente  nazionale per l'energia
elettrica,  operando, invece, rispetto ad essi le disposizioni di cui
all'art. 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300, o, se piu' favorevoli
ai  lavoratori, eventuali condizioni dei contratti collettivi e degli
accordi sindacali";
        4.   che  il  processo  e'  stato  riassunto  dinanzi  questo
tribunale  dall'Enel  S.p.a.  e  le  altre  parti si sono ritualmente
costituite;
    Rilevato   che   la   difesa  del  convenuto  Mori  Giancarlo  ha
evidenziato  un  profilo  di  incostituzionalita',  per contrasto con
l'art. 3  Cost.,  degli  artt. 31,  37  e  40,  legge 20 maggio 1970,
n. 300,  sotto il profilo dell'abrogazione, per effetto del combinato
disposto  di  tali  norme, degli artt. 1 e 3, legge 12 dicembre 1966,
n. 1078,  con  conseguente privazione dei dipendenti di enti pubblici
economici nominati a cariche elettive dell'indennita' contemplata nei
suddetti articoli;
    Ritenuto  che,  per costante giurisprudenza (Corte costituzionale
16  giugno  1995,  n. 247,  Cass. 11 dicembre 1986, n. 7380, Cass. 1o
febbraio   1985,   n. 662),   l'incostituzionalita'   di   una  norma
legislativa  puo' essere eccepita in ogni stato e grado del processo,
di  talche'  l'eccezione  di  cui  sopra  puo'  essere in questa sede
delibata  ai  fini  dell'accertamento  della  rilevanza  e  della non
manifesta infondatezza;
    Ritenuto:
        a. in punto non manifesta infondatezza:
          1.  che  Corte  costituzionale 9-23 giugno 1988, n. 698, ha
escluso   l'incostituzionalita'   delle   norme   sopra   menzionate,
rigettando   l'eccezione   sollevata   dal  pretore  di  Genova,  sul
presupposto  che  "nessuna  delle  leggi innanzi richiamate (legge 12
dicembre  1966, n. 1078, e poi legge 26 aprile 1974, n. 169, legge 18
dicembre  1979, n. 632, legge 27 dicembre 1985, n. 816, disciplinanti
vari  aspetti del trattamento dei dipendenti dello Stato e degli enti
pubblici eletti a cariche pubbliche) contiene la distinzione tra enti
pubblici economici ed enti pubblici non economici", sottolineando che
"l'indirizzo  giurisprudenziale,  anche  della  Corte  di cassazione,
successivo all'entrata in vigore della legge n. 300 del 1970 (statuto
dei  lavoratori),  sul  punto  in  esame  si  e'  formato  nel  senso
dell'applicabilita'  della  legge n. 1078 del 1966 ... sia perche' lo
statuto  dei  lavoratori  che, nel regolare il rapporto di lavoro tra
datori  di  lavoro  e  lavoratori,  ha  disposto  il  collocamento in
aspettativa  di  questi  ultimi  eletti  a cariche pubbliche, ha solo
carattere  generale, mentre la legge n. 1068 del 1966 ha disciplinato
specificamente  la  materia"  e  soggiungendo  che "l'interpretazione
seguita  ha,  poi,  fondamento  nel  testo  delle  leggi  intervenute
successivamente  a completare la disciplina della materia, a iniziare
dalla  legge  n. 169  del 1974, che non ha distinto tra enti pubblici
economici   ed   enti  pubblici  non  economici,  tanto  che  non  si
riscontrano validi motivi per una eventuale disparita' di trattamento
tra i dipendenti dei due tipi di enti pubblici";
          2.  che  il  quadro  giurisprudenziale  delineato  da Corte
costituzionale n. 698/1988 e' radicalmente mutato, a seguito di Cass.
L.  23  ottobre  1995, n. 11014, concernente il caso di dipendente di
una  cassa  di  risparmio  -  all'epoca  ente  pubblico  economico  -
collocato  in  aspettativa  durante  il  periodo dell'espletamento di
mandati  di  consigliere  regionale e di componente del parlamento, a
mente della quale "le disposizioni dell'art. 4 della legge 31 ottobre
1965,  n. 1261  (modificativo  dell'art. 88 del d.P.R. 30 marzo 1957,
n. 361)  e  dell'art. 5  della  legge  12 dicembre  1966,  n. 1078 in
materia   di   aspettativa   e  trattamento  economico  spettanti  ai
dipendenti  dello  Stato  e di enti pubblici eletti, rispettivamente,
deputati  o  senatori, o a cariche presso enti autonomi territoriali,
non si applicano ai dipendenti di enti pubblici economici, perche' in
tal  senso  depongono  - oltre alla ratio della specifica normativa -
varie indicazioni testuali dei citati testi di legge e la circostanza
che anche nel codice civile la locuzione "enti pubblici", se adottata
senza  alcuna specificazione, deve intendersi riferita alla specifica
categoria   degli   enti  pubblici  non  economici,  individuata  per
contrapposizione  a  quella  degli  enti  che, pur soggetti pubblici,
rivestono  pero',  sul piano della disciplina dei rapporti di lavoro,
una   natura  privatistica,  correlata  alla  preponderante  funzione
economica  cui assolvono e alla avvertita esigenza di disciplinare in
maniera  uguale i rapporti di lavoro nelle imprese (cfr. artt. 2129 e
2093   cod.  civ.),  inoltre  l'applicabilita'  della  disciplina  in
questione ai dipendenti degli enti pubblici economici deve, comunque,
essere  esclusa  a  seguito dell'entrata in vigore della legge n. 300
del  1970,  il  cui  art. 31  -  che regola proprio l'aspettativa dei
lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive - si applica, cosi'
come  le  altre  disposizioni  delle statuto dei lavoratori, anche ai
dipendenti  degli enti pubblici economici in base all'art. 37 (mentre
le  eventuali  precedenti  norme  speciali  in  materia  sono rimaste
abrogate  in  base all'espressa previsione di cui all'art. 40, che ha
assicurato  la massima uniformita' di trattamento legale dei rapporti
di lavoro soggetti al regime privatistico);
          3.  che,  ove  si accolga tale interpretazione - seguita da
Cass.  10  maggio  1995  n. 5083,  resa nel presente procedimento, di
talche' essa costituisce in oggi diritto vivente - deve affermarsi la
sussistenza  della  disparita'  di trattamento, in caso di elezione a
cariche  pubbliche, tra dipendenti dello Stato e di enti pubblici non
economici,  da  un  lato, e dipendenti degli enti pubblici economici,
essendo   ai  primi  corrisposto  il  trattamento  economico  di  cui
all'art. 3,  legge  n. 1078/1966,  e  venendo  per  contro agli altri
collocati,  a  richiesta,  in  aspettativa non retribuita ex art. 31,
primo  comma, legge n. 300/1970, dovendosi ritenere abrogata, secondo
tale  indirizzo  giurisprudenziale, a sensi dell'art. 40 della stessa
legge,  ogni  diversa  disposizione  al riguardo (e in particolare il
richiamato  art. 3,  legge  n. 1078/1966,  del  quale  si  assume  il
contrasto con l'art. 31 statuto dei lavoratori);
          4.  che  la  difformita' di disciplina evidenziata al n. 3,
che  precede  non  appare  giustificabile,  come  ritenuto  da  Cass.
n. 5083/1995  cit., con l'"intento di garantire maggiormente la prima
categoria  di soggetti (dipendenti dello Stato e di enti pubblici non
economici),  in  considerazione  della comunanza di interessi fra gli
enti  dei  quali  il  lavoratore  e',  rispettivamente, dipendente ed
amministratore,  comunanza  di  interessi che non si puo' riscontrare
relativamente  all'impiego  privato,  nel  cui  ambito  e'  ormai  da
collocare   quello  con  enti  pubblici  economici",  trattandosi  di
affermazione  apodittica,  a  sostegno  di  una  differenziazione  di
trattamento non prevista dalla norma positiva;
          5.   che   la   formulata   eccezione   di   illegittimita'
costituzionale  con  riferimento all'art. 3 della Costituzione appare
percio' non manifestamente infondata;
        b.  in  punto  rilevanza  nel  presente  procedimento, che il
vincolo  del giudice di rinvio alla applicazione, ex art. 384 c.p.c.,
del  principio  di  diritto enunziato dalla Cassazione, imporrebbe la
adozione  della  interpretazione sopra censurata, mentre tale obbligo
verrebbe meno e troverebbe applicazione lo ius superveniens originato
dal  mutamento,  per  effetto  della  declaratoria  di illegittimita'
costituzionale,  in  caso di accoglimento dell'eccezione, della norma
dalla quale il principio medesimo e' stato dedotto (Cass. 11 dicembre
1986,  n. 7380,  1o  febbraio  1985,  n. 662,  Cass.  26 aprile 1989,
n. 3093,  Cass.  10  giugno  1992,  n. 7114,  Cass.  15  giugno 1995,
n. 6737),  di  talche'  deve  ritenersi  che il presente giudizio non
possa  essere  definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della
questione di legittimita' costituzionale sopra delineata;